PIZZICARMS

Uccidere era diventato come bere un bicchiere d'acqua


Durante la sua adolescenza nella Sierra Leone devastata dalla guerra, Ishmael Beah è stato indottrinato, drogato e costretto ad uccidere.
"Siamo passati dall'essere bambini che avevano paura degli spari ad essere quelli che sparavano", dice Beah che fu separato dalla famiglia a soli 12 anni quando la sua città venne attaccata. Racconta che la sua famiglia venne in seguito uccisa nella feroce guerra civile del paese che durò dal 1991 al 2002.

Durante questo periodo gruppi ribelli come il Fronte Unito Rivoluzionario (RUF) - noti per mozzare arti e indottrinare i bambini alla loro lotta - combatterono le forze governative e le loro diramazioni per il controllo dello stato dell'Africa occidentale ricco di diamanti.

Alla disperata ricerca di aiuto, Beah vagò nella campagna con un gruppo di altri bambini che avevano perso le loro famiglie in circostanze analoghe. Riuscirono ad evitare i ribelli del RUF, ma furono testimoni di scontri a fuoco, villaggi saccheggiati e innumerevoli cadaveri lungo la strada. "Ho visto un uomo con il figlio che era stato ucciso, ma cercava ancora di portarlo in ospedale" Beah ricorda. "(C'era anche) una donna che correva con il suo bambino legato sulla schiena. Stava fuggendo dai combattimenti e una pallottola aveva colpito il bambino e lo aveva ucciso, ma lei non lo sapeva."

Alla fine Beah e i suoi amici arrivarono in un campo che inizialmente credettero essere una base militare. Ben presto si accorsero però che si erano in realtà imbattuti in un battaglione di soldati secessionisti della Sierra Leone. Il gruppo si opponeva al RUF ma perseguiva tattiche di combattimento altrettanto feroci, tra cui l'impiego di bambini soldato. Beah fu inserito all'interno del gruppo, gli venne dato rifugio e, infine, fu addestrato per uccidere. "Vedere una persona uccisa davanti ai tuoi occhi o essere tu stesso a sparare, diventa normale come bere un bicchiere d'acqua. I bambini che si rifiutano di combattere ed uccidere o che mostrano alcuna debolezza, vengono spietatamente puniti.

"Le emozioni non sono permesse", continua. "Per esempio, un bambino di nove anni fu ucciso perchè stava piangendo la perdita della madre", dice raccontando l'era che è stata rappresentata nel film del 2006 "Diamanti di sangue", con Leonardo Di Caprio e Djimon Hounsou.

Parlando del momento in cui fu separato dalla sua famiglia, Beah ricorda: "Il giorno che la mia città venne attaccata ero andato con mio fratello ad un talent show che si teneva in un altro paese, mi interessava la musica hip-hop americana. Sono passato dall'avere una famiglia a non avere più nulla. E'stato molto doloroso."

Oggi ambasciatore di buona volontà delle Nazioni Unite, laureato in legge e autore best-seller, Beah è impegnato nella lotta per pubblicizzare la piaga dei bambini soldato in Africa. "Il mio lavoro con l'UNICEF consiste nel visitare alcuni di questi luoghi, ma anche incontrare i giovani che vengono da queste esperienze per rassicurarli sul fatto che è possibile venire fuori da tutto questo", dice. "Io riesco a parlare con questi bambini. Con una corretta integrazione si può salvarli."

Beah dice che ora comprende meglio perchè i bambini siano considerati preziosi per tali attività di combattimento da parte di gruppi come il RUF in tutta l'Africa. Secondo le Nazioni Unite vi sarebbero ancora circa 300.000 bambini coinvolti in conflitti in tutto il mondo.

"Tutti si chiedono sempre perchè prendono i bambini? Perchè si possono facilmente manipolare," dice. "Inoltre vogliono appartenere a qualcosa, specialmente vivendo in una società che è completamente crollata. Le loro comunità si sono smembrate, vogliono far parte di qualcosa che dia loro il senso di organizzazione e questi gruppi diventano proprio questo." Beah sentiva questo senso di appartenenza nella sua divisione di bambini soldato e ha combattuto con il gruppo per due anni prima di riuscire ad essere salvato dall' UNICEF. E'stato quindi portato in un centro di riabilitazione nella capitale della Sierra Leone, Freetown, dove ha trascorso otto mesi venendo a conoscenza di quello che gli era successo e adattandosi alla vita dopo la guerra.

Coloro che lavoravano al centro venivano spesso attaccati dai soldati bambini che, nei primi giorni, incontravano difficoltà ad adattarsi al nuovo ambiente."Eravamo molto arrabbiati. Eravamo molto distruttivi. Abbiamo distrutto il centro in cui eravamo e bruciato alcune cose", dice dei suoi primi mesi lì. "Abbiamo picchiato i membri del personale. Sono tornati, li abbiamo picchiati ancora di più."

Tuttavia, con il tempo e la pazienza di un assistente di nome Esther, Beah dice di essere stato finalmente in grado di riconnettersi alla sua infanzia perduta e ricordare la persona che era stato una volta. Beah attribuisce un ruolo fondamentale nel suo recupero alla musica hip-hop,che così tanto amava quando aveva 12 anni, e alle canzoni di Bob Marley. I progressi di Beah furono così impressionanti che nel 1996 venne selezionato per andare alle Nazioni Unite e parlare della situazione dei bambini soldato ad una conferenza guidata da Graca Machel, moglie di Nelson Mandela. Fu durante questo viaggio che incontrò Laura Sims – una funzionaria UNICEF che lo adottò e lo portò in America quando il conflitto in Sierra Leone travolse Freetown nel 1998.

Dopo essersi trasferito negli Stati Uniti, Beah si iscrisse alla scuola delle Nazioni Unite a New York, per poi laurearsi nel 2004 con una laurea in Scienze Politiche presso l'Oberlin College in Ohio. Durante i suoi studi scrisse anche un libro sulle sue esperienze in Sierra Leone, "Memorie di un soldato bambino". "Ho finito di scrivere questo libro prima di laurearmi. Non ho mai avuto l'intenzione di pubblicarlo, l'idea di scrivere era scaturita solo da un desiderio di dare una dimensione umana, che mancava, al modo in cui la questione dei bambini soldato veniva discussa," dice.

La sua passione per una maggiore comprensione delle esperienze dei bambini soldato ha portato Beah al suo ruolo attuale come ambasciatore delle Nazioni Unite per i bambini vittime della guerra. E spera oggi di poter offrire ai bambini soldato lo stesso sostegno che l'infermiera Esther e il personale del centro di riabilitazione di Freetown gli avevano offerto. "Assisto ai lavori dell'UNICEF e quando questi bambini vengono rimossi percepisco e comprendo la loro confusione," dice. "Sono stato anch'io in quella situazione. Tutto d'un tratto non è più necessaria l'attrezzatura militare, ora sei solo un bambino."

"Ciò che dico loro è che con le giuste opportunità ognuno ha la capacità di trovare il proprio talento e fare qualcosa di più con la propria vita, e nella vita ognuno può percorrere la propria strada."

Fonte: Articolo di Errol Barnett (CNN - 21/01/2013) - Tradotto da Cinzia Lazzarini per PeaceLink.